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ALCUNE
NOTIZIE STORICHE SULLA FONDAZIONE
La raccolta museale esistente nella comunità walser di
Rimella che oggi viene riproposta all'attenzione di un più vasto pubblico,
anche se può apparire modesta da un punto di vista strettamente legato
alla ricchezza del suo patrimonio costituisce un esempio storico
assai rilevante. È un esempio che ci aiuta a prendere coscienza della vitalità
e del carattere "moderno” di talune espressioni di
cultura maturate nell'ambito di comunità "tradizionali” rurali o
alpine che siano, che una pubblicistica frettolosa e male informata ci ha
abituati a considerare assolutamente statistiche e refrattarie ad ogni nuova
idea ed esperienza.
Anche se la dinamica culturale, caratteristica di molte realtà locali nelle vallate alpine, si produce con ritmi e tempi diversi rispetto alle zone più prossime ai centri urbani, tuttavia ciò non significa che anche in queste situazioni non si attivino delle iniziative che rivelano il mutare degli interessi e degli atteggiamenti. Il progressivo costituirsi dei musei "locali", soprattutto in epoca di prima industrializzazione, è una sensibile espressione di un’apertura non trascurabile di prospettiva.
In altra circostanza, invece, egli agì con successo cercando di superare le stesse barriere sociali poste dalla frazione per aprire il campo di esperienza all’intera comunità. Si tratta in questo secondo caso di un’operazione innovativa, condotta con intelligenza e misura in un ambito culturale che non poteva entrare in conflitto con le strutture locali. Ciò avviene intorno al 1834 quando, con grande libertà e con spirito positivo e moderno, dona alla comunità e, si badi bene, non soltanto alla gente della propria frazione della Sella, la collezione personale di monete, libri ed altri oggetti che si era procurati non senza difficoltà, oggetti che nel piccolo mondo chiuso di Rimella rappresentavano delle rarità. Contestualmente, egli diede corso al progetto che prevedeva l’allestimento, in un locale della propria abitazione nella frazione della Sella - come egli brevemente ricorda nelle sue "cronache" - di un primo nucleo espositivo che il Filippa denominò “Gabinetto di curiosità e cose rare” che successivamente verrà elevato al rango di “Museo” dotato di una propria sede. Nei progetti di Giovanni Battista Filippa, il museo avrebbe svolto una funzione molto importante: quella di stimolare la curiosità e gli interessi delle persone, specie di quelle che avevano scarse possibilità di uscire dalla comunità e di affacciarsi sul mondo esterno. Facendosi promotore di questa iniziativa, certamente molto singolare per quei tempi e per il luogo in cui si realizza, il Filippa denota di possedere una notevole sensibilità per le correnti culturali più avanzate e uno spirito enciclopedico che oggi non possono fare a meno di stupirci. Allo scopo di realizzare rapidamente quanto si era proposto, il saggio montanaro rimellese non esitò a bussare a molte porte. In capo a qualche anno, aiutato da altre persone da lui stesso sollecitate, riuscì ad arricchire la sua collezione personale di nuovi esemplari di minerali, reperti fossili, conchiglie, animali imbalsamati stanziali ed esotici, esemplari numismatici anche di un certo valore che, classificati e opportunamente ordinati, riuscivano nel loro insieme a fornire un’idea della complessità e della insospettata varietà del mondo e della natura. Accanto agli oggetti ricordati, il Filippa ritenne di dover collocare altri reperti, idonei a testimoniare il modo di vivere nella comunità, non dimenticando che questa era collocata in un mondo molto più vasto e ben più difficile da penetrare e comprendere. Per raggiungere lo scopo egli, molto correttamente, non si limitò a raccogliere oggetti, suppellettili e strumenti, espressione della “cultura materiale”, correntemente usati nella vita quotidiana dell’angusto ambiente comunitario. Con notevole senso della realtà, egli volle fornire un “segno” delle esperienze maturate all’esterno dai migranti rimellesi segnandone idealmente i percorsi. Per far meglio comprendere come si svolgeva la vita al di fuori di Rimella, specie nei paesi stranieri, raccolse un materiale perlopiù “povero” ed estremamente eterogeneo: conti rilasciati da locande francesi, inglesi e tedesche, opuscoli pubblicitari di varia natura, titoli di viaggio utilizzati per spostamenti in diligenza, diplomi e attestati rilasciati da enti italiani e stranieri, libri e fogli sparsi stampati nelle lingue più diverse, ivi compresa l’araba e l’ebraica e, cosa particolarmente curiosa e interessante, anche una pergamena francese con la quale, all’inizio dell’800 veniva legittimata la fondazione di una loggia massonica in Torino. Lì Filippa, pur sostenendo in prima persona il maggior sforzo organizzativo, sollecitò l’interessamento di notabili rimellesi e valsesiani che non gli negarono il loro appoggio. In un manoscritto non datato (conservato nell’archivio del museo di Rimella) e stilato dal parroco don Gaudenzio Cusa dopo il 1830, viene menzionata la prima cessione di oggetti fatta dal Filippa alla comunità e delineato il progetto di fondazione del museo: “Il sig. Giambattista Filippa di questa Comunità è disposto a cedere alla medesima la sua piccola raccolta di oggetti di storia naturale, il suo medagliere, benché di poca entità, ed alcuni libri, al fine di riunirgli nel casino attiguo alla casa prepositurale, da aprirgli in occasione delle feste di concorso, come sarebbero quelle dell’Ascensione, del Carmine e di San Michele a comodo di chi bramasse di visitare questo museo in embrione, che potrà servire come di nucleo ad una raccolta maggiore e d’incentivo ad arricchirlo ad altri inclinati a simil genere di studi. Siccome necessiterebbe una spesa maggiore di lire duecento di Milano per adattare il sito destinato a ricevere l’indicata raccolta e per la formazione delle convenienti scansie; perciò il sottoscritto, che conosce quanto è grande la generosità di questa popolazione allorché trattasi di fondare qualche stabilimento utile e decoroso al paese, si fa animo di proporre alle persone intelligenti e benefiche a voler concorrere con qualche offerta a darvi principio, trattandosi di un’istituzione nuova nel suo genere in Patria non solamente ma nell’intera Valsesia”. L'esortazione del parroco Cusa non cadde nel vuoto e ben presto il museo si arricchì di nuove acquisizioni pur mantenendo inalterate nel tempo le caratteristiche e le dimensioni originarie. Giovanni Battista Filippa si spense nella sua casa della Sella nel pomeriggio del 5 settembre 1838. Le uniche, scarne notizie che riguardano la sua dipartita, si possono ricavare dalle fugaci annotazioni del parroco Cusa nel “Libro dei Morti” della comunità. Fortunatamente oggi ci rimangono le sue “Cronache” che ci riportano indietro nel tempo e ci rimane anche il “suo” museo che testimonia il modo molto personale di rapportarsi con il mondo e con la cultura. Il museo segna una fase della vita nella comunità che rispecchia la realtà di un’epoca che si sembra ormai tanto lontana e che oggi siamo in grado di comprendere solo se viene letta e interpretata alla luce dei valori e della cultura in cui tale realtà si è prodotta. Università di Torino, primavera 1985
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