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ITINERARI
TURISTICI
Numerosi
sono facilmente percorribili, alcuni sono faticosi, altri meno: quelli indicati
permettono di conoscere in modo sufficientemente completo tutto il paesaggio
rimellese e nello stesso tempo di risvegliare i muscoli delle gambe dal letargo
invernale.
Vallone di San Gottardo
L'itinerario
incomincia dalla carrozzabile, in costruzione, prima di giungere a S. Gottardo.
Dopo un breve percorso in salita si incontra una cappella con a fianco una
lastra di pietra incastonata sotto una croce. Nella pietra è incisa una data
che ricorda la fine del trasporto dei morti da Campello Monti a Rimella. Infatti
solo a partire dal 1551 i defunti poterono essere tumulati nel cimitero che in
quell'anno venne consacrato nel loro paese. Indubbiamente si trattava di uno dei
più lunghi e disagevoli percorsi che un corteo funebre dovesse percorrere.
Quest'alpe,
in posizione soleggiata e ricca di pascoli, è anche nota per le cave di beole
che vengono usate perla copertura dei tetti. Oggi le lastre di pietra sono
portate a valle con una teleferica, ma in passato il trasporto veniva effettuato
mediante slitte e portantine e, considerando il grande uso che se ne faceva, in
quantità molto maggiore.
Lungo
il percorso è facile incontrare delle piante erbacee con vistose infiorescenze
blu. È la “aconitum napellus” (“BIŜCHERUSS”); meglio non raccoglierlo,
è tanto bello quanto velenoso.
Dai
casolari del Pianello l'itinerario scende all'alpe “RÀTTE” (rn.1694).
Quindi, continuando lungo la dorsale che separa i due corsi superiori dell'Enderwasser
giunge all'alpe “RUNDAKKU” (m 1565). Le baite sono disposte su una selletta della dorsale e sovrastate da uno sperone roccioso.
A
questo punto occorre stare attenti a non perdere il sentiero ricoperto dal manto
erboso. Esso parte da una casa recentemente ristrutturata, scende in linea di
massima pendenza ricomparendo ben visibile poco più in basso e penetra nella
boscaglia ove si notano molte piante con bacche rosse; si tratta del sorbo
ibrido o degli uccellatori (“GEFT”) i cui frutti non sono commestibili, ma
possono essere usati per la fabbricazione di una bevanda alcolica. Attraversato
il torrente, li sentiero sale alla borgata S. Giorgio, “UNDER DU VÀRCH”, e
quindi scende a S. Gottardo, “RUND”. (m 1329).
Tutto
il percorso si svolge nell'ambiente dove la tradizione vuole che nel Medio Evo
si siano insediati i primi Rimellesi. Storia o leggenda? Considerando la vastità
dei pascoli e la possibilità che il luogo offriva di isolarsi (è nota la
ritrosia che le comunità walser avevano in passato a mescolarsi con altre
genti), potrebbe essere storia. L'itinerario può essere percorso in senso
inverso, ma risulterebbe più faticoso.
Si
può ancora aggiungere che poco sopra l'alpe Pianello si apre la colma di
Campello (m 1924), “SCHTRÜNNER VURKU”, con buona veduta sulle più alte
cime della valle del Lys. Dalla Bocchetta, seguendo il sentiero verso nord, si
giunge all'alpe Capezzone “KUPSU” (m 1845): poi
rimontando un dislivello di circa 250 metri si perviene ad un laghetto
solitario e ad un piccolo
rifugio (m 2100).
Alpe
Scarpiola - SCHTUZ
Per
questa passeggiata si possono seguire due diversi percorsi.
Seguendo il primo itinerario, dalla
chiesa parrocchiale
si sale lungo la strada pedonale alla
ad
un gruppetto di baite in vista dell'alpe. Pochi minuti di salita e si giunge alla meta (m1368).
Quest'alpeggio
era uno dei più importanti sia perla sua vicinanza al centro del paese, sia per
gli ampi pascoli che lo circondano. Quasi tutto il terreno che si trova a valle
dei casolari era coltivato a prato per il foraggio; una parte veniva portata
nella residenza invernale ed il
resto serviva nell'alpe quando il cattivo tempo
impediva l'uscita degli animali. Tutta la zona a monte delle baite era
adibita a pascolo e l'erba bastava appena per le numerose mucche. Oggi è
sovrabbondante.
Anche
se l’alpe si trova abbastanza vicino al paese, la vita non era certamente
agevole.
Per attingere l’acqua bisognava scendere più in basso delle baite sulla loro
destra, inoltrandosi fra le ontanelle per trovare l’unica sorgente; per lavare
i panni le donne dovevano recarsi al torrente Scarpiola: una bella sfacchinata
in entrambi i casi. Oggi una derivazione dell’acquedotto porta l’acqua
direttamente ai casolari.
Dalla Scarpiola si può salire alla cima del “Altemberg” passando per
l’alpe Pianeronda, ma per chi ha minori ambizioni sportive il punto panoramico
chiamato “SCHTUZ” (m 1709) può soddisfare pienamente. Non si tratta di una
cima vera e propria, ma di una prominenza della dorsale che divide la valle del Landwasser da quella del Enderwasser.
Per arrivarci no esiste un sentiero marcato, bisogna quindi inerpicarsi
sul pendio erboso cosparso di sassi fra mirtilli e rododendri. Si supera il Pian
delle Formiche, “ÀMBAISUNBODU” luogo sacro per la danza delle streghe e si
giunge alla croce posta sul dorso, dal quale si può godere il panorama di tutta
la vallata di Rimella.
Volgendo lo sguardo dal piazzale della frazione Chiesa al versante
opposto, si nota subito un gruppo di case adagiate sui prati di un colle e
circondate da una folta abetaia. Sono le case dell’alpe Res nel comune di
Fobello e sembrano messe lì appositamente come fondale di una scenografia per
allietare la vista del forestiero.
L’alpe di Res – che la tradizione vuole sia stato ceduto dai
Rimellesi alla comunità di Fobello per il biblico piatto di lenticchie, “EN
EMRETE ZIGRU”, Può essere raggiunto da Rimella anche se il percorso è un
po’ più lungo di quello del versante opposto.
In
corrispondenza dell’ultimo tornante della carrozzabile della frazione Chiesa,
Vallone
del Bise Rosso
Oggi è possibile arrivare alla Frazione Pianello percorrendo la strada
carrozzabile, quasi ultimata, ma noi seguiamo il vecchio percorso.
Partendo dalla curva dove ha inizio la nuova strada, il sentiero scende
attraverso il bosco di latifoglie e supera il torrente “GRABO”. Questo
torrente, che precipita impetuoso quando è in piena, è molto pericoloso per
la caduta delle valanghe. Il percorso ora quasi pianeggiante, arriva in un
piccolo pianoro ove si trova la cappella del Pianello “AKKU” e dopo pochi
passi all'abitato.
Il nome della frazione non ha nulla a che vedere con il luogo ove si
trovano le case, infatti esse sono disposte quasi in fila indiana su un
costone e quelle superiori sembrano aver le fondamenta poggiate sul tetto
delle sottostanti.
Superata la frazione ed il torrente Scarpiola, lasciati sulla sinistra
passerella e sentiero che conducono alla Frazione Riva “RIVU”, subito dopo un
ponte in muratura, una breve salita porta alla frazione S. Antonio, “ZUN GRÀZIANU”.
Questa frazione, situata in una strettoia della già stretta valle, era
la più importante della zona perché fino a qualche decennio fa aveva la Scuola
Elementare frequentata dai ragazzi che abitavano la zona compresa fra il
Pianello e S. Anna.
Poco sopra e sul versante opposto esistevano le frazioni “GRENDJE” ED “EBE”, attualmente in completa rovina e quasi sepolte dalla
vegetazione.
Continuando la salita si giunge finalmente all'ultima e più lontana
frazione rimellese: S. Anna, definita da don Ravelli “una piccola
greggia di rozze casupole custodite da un bianco pastore, il campanile”.
Proseguendo la marcia, si incontrano gli alpeggi “ZU NENGU”, “KLJAWWENU”,
“TOSSJE” ed infine le baite del Bise Rosso (m 1718) chiuse entro l'angusto
anfiteatro formato dai versanti del Corno del Sole
ŜCHUNNU HÖRU (m 2242), della
cima del Castello “CHÀSCHTÀL” (m 2324), Sassi Bianchi “WISSU SCHTAINÀ” (m
2307) e Cima Capezzone “KUPSU” (m 2421).
Questa escursione non conduce ad ammirare bellezze naturali e vasti
panorami, ma invita forse a riflettere sul modo di vivere dei Walser rimellesi
in questi luoghi così aspri e selvaggi in tempi
neppure troppo lontani.
Come si viveva in questi luoghi nei lunghi e freddi inverni, quando
cadevano metri di neve? Tra le innumerevoli difficoltà, la cosa peggiore era
certamente l'isolamento dal resto del mondo al
quale si era costretti per molti mesi.
Se
durante la notte la neve ricopriva la porta della misera casa, le necessità
quotidiane di
Dalla
Frazione S. Antonio, imboccando il sentiero segnalato dal C.A.I. alla fine delle case della stessa,
Quando
non era ancora stato coniato lo slogan
Itinerario
alla Res di Fobello
Se
si parte dalla chiesa e si prende la carrozzabile, ai lati si scorgono
bellissime “male erbe” ruderali. Già, perché noi abbiamo il difetto di
trasferire le nostre categorie al mondo che ci circonda e così abbiamo animali
presunti “buoni e cattivi” ed erbe pure “buone e cattive”; non parliamo
naturalmente delle velenose, perché i veleni sono una legittima difesa contro
gli animali. Così quelle che crescono sui ruderi, ai lati di ferrovie o strade,
invece di essere ringraziate per il loro tentativo di abbellire le nostre
brutture, vengono disprezzate. Vediamo dunque ai lati della strada la
“artemisia vulgaris” che potrebbe benissimo sostituire I’ “artemisia
genepy” nei liquori. Assieme alle artemisie la bardana, erba considerata
depurativa per eccellenza, e che, se le date troppa confidenza, vi lascia il
biglietto da visita appiccicato al maglione: e poi i campioni solitari portati
dal basso dai mezzi di comunicazione; per esempio, proprio sotto l’albergo
Fontana e subito sotto la carrozzabile, c'è un esemplare di “Reynutria
japonica” o “Poligonum cuspidatum” che d’agosto imbianca dei suoi fiori
la Val Grande e la strada sotto Varallo: essa ha costituito per me un autentico
rompicapo; si tratta di una pianta venuta dal Giappone che è diventata uno
pseudo endemismo dell’alto vercellese.
Dove
gli alberi si addensano a formare boschetti radi, il sottobosco è ricco e vi
scorgiamo la canapa acquatica o “eupatorium cannabinum”, dal potere
lassativo, 1’ “aruncus dioicus”, con i suoi bianchi pennacchi, (pianta a
fiori maschili e pianta a fiori femminili), tante verghe d’oro e il “senecio
nemorensis”.
Lasciata la carrozzabile e scendendo al torrente, il bosco predomina e si vedono gli agili “prenantes purpuree” assai diffuse e qualche genziana asclepiadea con i suoi rametti penduli e i fiori azzurro intenso eretti. Passato il ponte ci si inerpica nel bosco verso il Roncaccio Inferiore e poi, fra prati e boschi, si raggiunge il Roncaccio Superiore. Dove il bosco di faggio non è troppo fitto ci sono le genziane purpuree che in molti esemplari troviamo anche sopra la Cappella di San Marco. Il
Roncaccio Superiore ben esposto a mezzogiorno è asciutto perché su di una
pendice prominente e ha quindi molte piante xerofile, cioè amanti
dell’asciutto, adatte a resistere alla scarsità di acqua, dette anche, più o
meno propriamente “grasse”: semprevivi, sedi, ma c'è anche il vincetossico
molto amante del sole e così chiamato perché creduto un antidoto al veleno
della vipera. Come si entra in frazione e si costeggia il muretto, occhieggiano
nelle fessure in grazioso disegno la “asplenium” e il “botrichium” o
erba lunaria e sul selciato, tra le pietre e ai bordi, abbondano le galinsoghe,
oggi disprezzate ma una volta importate in Europa come erbe miracolose, e la
gialla celidonia detta bruciaporri perché, spezzata, produce un liquido giallo
scuro con potere caustico.
Il croso che scende dalle Alpi delle Due Fontane è ricco di foglie del farfaraccio e di altre piante igrofile. Ci aspetta un ripido bosco di abeti con squarci panoramici, in alto, verso il pendio opposto, su cui giace Rimella, che sono come un preludio delle bellissime visioni che si hanno di Rimella, continuando il percorso in orizzontale (più o meno) verso la Dorchetta, itinerario molto consigliabile dal punto di vista floristico.
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