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Rimella
è un piccolo paese situato sui mille metri di altezza nel versante meridionale
alpino - zona del Mente Resa - dove quasi ottocento anni fa un esiguo gruppo di
contadini-pastori vallesani ha dato avvio ad una cultura walser oggetto di
crescente attrazione oggi per gli studiosi, specie linguisti, dato il
particolare valore documentario del lessico tittschu rimellese ma anche per quei
turisti che cercano le bellezze di una natura incontaminata, il fascino di luci,
di forme, di colori e quel misteriose silenzio carico di messaggi che il
paesaggio rimellese sa ancora offrire in mezzo a tanto scempio della natura da
cui oggi siamo afflitti.
Di
questo paese non esiste a tutt'oggi una storia organica, elaborata con gli
strumenti e i metodi della storiografia moderna, ma la sua elaborazione è, da
altre un anno, al primo posto nei programmi del Centro Studi Walser di Rimella
che ne ha affidato l’incarico e la direzione all'oriundo rimellese prof.
Augusto Vasina, titolare della Cattedra di Storia Medioevale dell’Università
di Bologna, il quale ha già presentato il piano di lavoro da condursi in
equipe, che richiederà comunque tempo e mezzi da definire e da reperire. Quanto
siamo in grado di offrire oggi e pertanto solo una serie di dati ricavati da
varie fonti, esposti e per lo più ordinati in schede distinte secondo il
criterio cronologico convenzionale in:
MEDIOEVO
- ad iniziare dal XIII secolo al quale si fanno risalire le origini di Rimella
come insediamento stabile di immigrati walser;
-
ETA' MODERNA (sec.XV-XVIII) e CONTEMPORANEA (sec.XIX e XX).
In
questa premessa, infine, corre l'obbligo di citare tentativi di "storia di
Rimella" che presentiamo nell'ordine in cui si sono verificati:
1) can.co. Michele Manio "PAROLE lette in occasione della solenne distribuzione dei premi agli alunni delle scuole comunali di Rimella il 29 settembre 1905". La piccola pubblicazione, un opuscolo di appena 35 pagine fittamente stampate, uscito a Novara nel 1905 (tipografia vescovile) costituisce un punto di riferimento più volte citata dagli studiosi perché nelle "Annotazioni" e nell' "Appendice" aggiunte al testo dell'orazione ai ragazzi, fornisce una vera e propria messe di notizie storiche sui walser rimellesi ricavate, come l'autore ci informa dalla consultazione diretta dei Registri parrocchiali "quelli, almeno, che ebbero la fortuna di sfuggire all'incendio che distrusse, verso la fine del secolo XVII l'Archivio parrocchiale"; dalle Memorie lasciate dal Prevosto Cusa, da una lettera del dott. Giacomo Reale, esistenti nella Casa Prepositurale; da documenti conservati sia presso l'Archivio Notarile Provinciale sia presso l'Archivio della Curia di Novara oltre che da fonti orali e dalla tradizione avvicinata attraverso le testimonianze dell'informatissime Sig. Riolo Eusebio [1]. Fra le "Annotazioni" è rilevante l'affermazione che l'idioma tedesco parlato a Rimella “è indizio certo che essa deve la sua origine a popoli di razza teutonica...venuti dalla Svizzera e, propriamente dal Cantone Vallese, la cui discesa nella Valsesia non risalirebbe molto avanti il XIII e XII secolo [2], così come il rilievo che la mancanza dì documenti anteriori al sec. XVI non permetteva all'autore una esaustiva compilazione degli elenchi dì tutti i rimellesi appartenenti allo stato religioso e alle civili professioni se non a partire dal XVII secolo [3]. Rilievo che in qualche modo concorda con l'esigenza oggi chiara della necessità di un lavoro interdisciplinare "per approfondire ed estendere capillarmente le ricerche in tanti campi oggi poco e nulla dissodanti, su aspetti e momenti della presenza Walser a Rimella ... soprattutto per fare spera di sutura fra le origini duecentesche e i primi sviluppi trecenteschi di questa colonia e la meglio conosciuta vicenda dei Rimellesi dall'età napoleonica fino ai nostri giorni [4]. Nell'opuscolo di M. Manio il nome di ciascun rimellese citato e corredato da concise note biografiche che gettano luce su molti aspetti della vita e società rimellese dal 1528 all'inizio del 1900. Veniamo così a sapere che in quel periodo Rimella poteva vantare 37 preti, 9 religiosi, ben 38 fra notai e causidici, 6 avvocati e altre figure prestigiose, tutte rimellesi. Interessante anche il quadro statistico della popolazione di Rimella fra il 1631 e il 1831 e l'elenco degli emigrati dal paese fra il 1620 e il 1830. Alcuni dei sopra citati dati seno stati confermati recentemente sulla base della consultazione di rogiti notarili [5]. 2)
Luigi Rinoldi (1867-1955) - "Storia di Rimella" –
manoscritto datato 27 marzo 1943,
elaborato dal prof. Rinoldi "nel bel mezzo del secondo conflitto
mondiale" come dice Bauen, e lasciato dallo stesso Rinoldi al dott. Eugenio
Vasina che ne è tutt’ora in possesso e lo ha fatto dattilografare. Fotocopie
del dattiloscritto sono state poi consegnate alla Società di Cultura Valsesiana, al Centro Studi Walser di Rimella e date in visione agli studiosi
che avevano interesse a consultarle. Il
lavoro di Rinoldi, a parte la citazione dell'art. 55 degli Statuti Valsesiani,
si basa su tradizioni orali, ricordi ed esperienze vissute, ma rappresenta pur
sempre una testimonianza ed un contributo cospicuo alla storia di Rimella [6].
3)
Marco Bauen (1925-1993) -"Sprachgemischter Mundartaudruck in
Rimella Valsesia, Piemont”,
Verlag Paul Haupt, Bern und Stuttgat 1978 (uscito in traduzione italiana del dott.
Eugenio Vasina nel 1999), "la prima opera
di impianto scientifico moderno dedicata ai colonizzatori Walser rimellesi....che
sarebbe diventata punto di riferimento indispensabile per i successivi
contributi di approfondimento e/o di divulgazione dello stesso Autore sempre in
ambito linguistico e di altri studiosi
in settori disparati della cultura storica e delle tradizioni
popolari dei rimellesi [7]".
Libro
fondamentale questo per Rimella, nato dall'incarico dato a Bauen dal prof.
Zinsli dell'Università di Berna, di fare una monografia sulla situazione
linguistica di Rimella in cui la sintassi Tedesco-Rimellese doveva costituire il
tema più importante [8].
Monografia che si e concretata nel qui citato libro, opera "unica nel suo
genere ormai ricco di studi dialettali walser" sia perché "era stata
scelta Rimella, antichissima comunità Walser, isolata fra le montagne della
Valsesia, come campo di ricerca o, meglio, come straordinario laboratorio
linguistico", sia anche "per il fatto non trascurabile che l'autore,
oltre a conoscere perfettamente le due lingue " in contrasto" aveva
imparato a parlare il rimellese...". Così E. Rizzi nel commosso ricordo di
Bauen, premesse all'edizione italiana [9],
in cui si precisa inoltre che "l'isolamento geografico, la mancanza di
qualsiasi contatto col retroterra tedesco, la posizione di inferiorità rispetto
all'italiano (lingua ufficiale della valle) hanno fatto del dialetto di Rimella
un materiale di palpitante interesse per la filologia tedesca" anche per il
fatto paradossale, sottolineato da Bauen, che nell'evoluzione del dialetto di
Rimella “la sintassi appare pressoché dominata da strutture italiane, mentre
il lessico è tutto germanico." Osserva ancora E. Rizzi che "a Rimella
appena prima che il massiccio spopolamento dissanguasse la comunità, in dieci
anni di lavoro, Bauen raccolse capisse testimonianze dalla viva voce dei
rimellesi nati ancora nel secolo scorso (N.d.R.: il XIX). E riuscì anche a
ritrovare brani preziosissimi di dialetto scritto, scoprendo parallelismi
sorprendenti tra il modo di scrivere degli abitanti di Rimella ancora in questo
secolo (N.d.R: XX) e la grafia tedesca di mille anni fa."
Pur
avendo dedicato il libro nella massima Parte all'analisi e documentazione
linguistica e al relativo dibattito critico. Bauen, nell'ultima parte, ci
propone una serie di informazioni di carattere storico, ordinate
cronologicamente, su Rimella e distinte in:
A)
Dettagli non datati e presi dalla tradizione (prevalentemente orali);
B)
Dettagli certi e indicazioni attendibili;
C)
Aspetti geografico-storicofolkloristici, includendo fra le indicazioni
attendibili, anche l'ipotesi che Rimella sarebbe stata abitata dai Walser
"prima del '300", ipotesi molta vicina alla verità storica, solo più
tardi accertata dalla scoperta di documenti che Bauen non conosceva ancora, dei
quali peraltro sospettava l'esistenza indicando anche i luoghi nei quali
dovevano trovarsi [10]
.
4. a) Libri relativi a storia, folklore e dialetto delle colonie Walser in generale e quelli su Rimella, Campello Monti e Ornavasso in particolare elencati da Bauen stesso nella Bibliografia[11] aggiornata poi dal dott. Eugenio Vasina con “I campanili della Valsesia” di P. Manni (1976), degli artt. del prof. Paolo Sibilla (lo Strona 1980), de "I luoghi della Memoria" delle stesso Autore (1985), di E. Rizzi "Storia dei Walser” (1992) del prof. Dino Vasina "Ts Remmaljertittschu: Dizionario italiano-Tittschu” (1995); b)
articoli pubblicati sul periodico annuale “De Valle Sicida" relativi a
Rimella (F.Tonella Regis; S. Pizzetta; M.Remogna);
c)
articoli pubblicati su "Remmalju" periodico annuale del Centro Studi
Walser di Rimella, ai quali noi stessi faremo ricorso nella trattazione che
segue;
d)
articoli apparsi sulla stampa locale.
MEDIOEVO
La
storia di Rimella ha inizio a meta del XIII secolo in un ambiente aspro e
selvaggio descritto da Bauen in apertura del suo libro con le parole che
riportiamo per estese: "La località e immersa tra alte montagne in una
valle laterale della Valle del Mastallone che qui si fa strada in direzione Sud
verso la valle del Sesia( ... )". Sulla carta il paese di Rimella si trova
facilmente come punto intermedio della linea d'aria tra il Monte Rosa e Pallanza
sul Lago Maggiore. Subito a Nord di questa si allineano ad arco allungato ed
irregolare le innumerevoli cime e punte, dal Monte Rosa verso oriente, il Pizzo
Tignaga, la cima Capezzone fine al Monte Massone, costituendo la displuviale tra
le valli del Sesia e la Val Strona da una parte e la Valle Anzasca, che va da
Macugnaga a Piedimulera in senso ovest-est, come anche la Eschental (Val d'Ossola)
dall'altra parte. Il territorio del comune di Rimella ( ... ) presenta un
aspetto selvaggio dei monti, e accoglie tra le sue altezze e profondità strette
gole rocciose, torrentelli incassati tra ontani robusti, ripide dorsali, erti
prati da fieno, tra fitti boschi di faggio, abeti e frassini, e alpeggi ad
altezze aeree spesso faticosamente raggiungibili, situate tra creste rocciose e
fasce detritiche. Quasi in ognuno dei ripidi pendii che accenni a pianeggiare e
che sia in un certo modo facile a raggiungersi, si trova un piccolo gruppo di
case o un villaggetto, le cui case si raccolgono attorno ad una cappella più
grande, se proprio una Chiesa non vi trova posto ( ... ) Grosso modo il
territorio comprende due valli: la più lunga, la valle del Landwasser che si
estende da nord a sud per 7 Km, si congiunge presso la cappella della Líebu
Frouwa tsum Schteg ( in italiano “Madonna del Rumore") con l'Ender o
Anderwasser, che scorre per 4 Km lungo una valletta laterale da oriente.
In
concordanza con le abitudini di vita della popolazione ma anche in
corrispondenza con gli aspetti del paese, si può suddividere il territorio, per
una più facile lettura, in quattro settori:
1)
il Centro, con le sue frazioni cantonali Grondo, Villa Inferiore, Chiesa, Prati,
Villa Superiore, Sella.
2)
S. Gottardo (S Rund), la parte sud orientale del territorio, la
valle dell'Enderwasser con Selletta, Wang,
Wárch di setto Under Schtúùda.
Alpe Pianello (Bédemíe), e la Bocchetta di Campello Menti (der Schtronerfurku).
3)
S. Anna (Erórtu), la parte nord della valle del Landwasser, nei primi
tempi molto abitata, da En Aku (Pianello) vicino al centro fin su, all'Alpe
Biseresso. A questo settore appartengono ancora Roncaccio Inferiore, Roncaccio
Superiore, Riva, S. Antonio (Summertsianu), Tsum Trog, Tossu Tossje, Tsunengo.
4)
Territori del Capezzone, il complesso degli alpeggi abitato dai pastori
la sola estate al di là dello spartiacque, dalla parte di Campello Monti [12].
Se
lasciamo fra parentesi la netta distinzione in frazioni citata da Bauen, questo
e l’ambiente dove a meta del secolo XIII si e stanziato, proveniente dalla
Svizzera un piccolo gruppo, divenuto poi sempre più consistente, di quei
contadini-pastori di stirpe e lingua tedesca che, nel quadro delle profonde
trasformazioni economico-politico-sociali e religiose verificatesi in Europa
intorno e dopo il Mille, colonizzato il Vallese avevano dovuto migrare superando
il crinale alpino. Che fossero "alemanni" era già sicuro per Rinoldi
il quale, sfatata la leggenda che si trattasse di gruppi dispersi dei Cimbri e Teutoni
sconfitti da C. Mario, ricavava quel dato da considerazioni prevalentemente
linguistiche, ma anche dal riferimento, come aveva già fatto M. Manio e faranno
altri, all'art.55 degli Statuti valsesiani che imponeva a "questi svizzeri
alemanni" l'obbligo di prestare giuramento ad ogni nuova potestà e, in
caso contrario "di dover testo ripartire dalla valle stessa [13]
.
Più
complessa invece la questione delle motivazioni che hanno spinto i vallesani ad
emigrare della data del primo insediamento e delle direttrici di penetrazione
nei nuovi territori. Per quanto riguarda le motivazioni oggi la critica storica
più aggiornata propende per quelle di natura economica, quali lo sfruttamento e
la valorizzazione in aree periferiche di alta quota dei grandi patrimoni ecclesiatici
e laici - nel nostro caso il Capitolo dei Canonici di S.Giulio, il monastero
benedettino di S. Graciniano di Arona, i Conti di Biandrate che possedevano, e
certamente si contendevano, alpeggi nel territorio di Rimella, abitati solo nel
periodo estivo.
Per
la data e le direttrici dell'immigrazione va detto che già M. Manio, L. Rinoldi
e Bauen se ne erano occupati, ma nulla si e potuto affermare con certezza finché,
in tempi recenti, “una circostanza fortunata ha consentito di portare alla
luce alcune preziose pergamene sulla fondazione di Rimella provenienti
dall’Archivio del Capitolo di S. Giulio”, documenti che fanno di Rimella la
più documentata fra le antiche colonie Walser [14].
In base a tali scoperte siamo oggi in grado di far risalire con certezza la
fondazione di Rimella al 1255, una delle date - osserva A. Vasina
nell'articolo dedicato alle origini di Rimella cui, per quanto segue attingeremo
liberamente e ampiamente - più antiche degli insediamenti Walser
nell'area cisalpina, avvenuti probabilmente attraverso un processo di piccole
migrazioni su una delle quali, quella che ha portato i walser a Rimella, getta
luce una delle pergamene di cui sopra [15]
(4)
Il
documento, redato a S. Giulia d'Orta e datato 11 nov. 1256 è l'atto con cui tre
uomini, gia insediatisi in quelle terre l'anno precedente nell'Alpe Rimella e in
due partì dell'Alpe Rondo, e cioè. Giovanni che fu da Terminen ( da cui il più
antico cognome dei walser rimellesi “Termignone” tuttora esistente ),
Anselmo fu Giovanni de Monte (Mund?) assieme al figlio Pietro e Guglielmo fu Ugo
da Balma (Saas Balen?) entrano in società con altri uomini di analoga
provenienza per la sfruttamento in dodici quote dei beni avuti in affitto su
quelle alpi dal prevosto e dal capitolo della canonica di S. Giulio e
promettono, tutti insieme di sottoporsi ai fitti, oneri e gravami derivanti da
tale investitura e giurano fedeltà al prevosto della canonica. Si può dire che
toponimi e antroponimi ( ad es. Pietro di Aimone Deveri, Guebus Alemannus de Simplono
(Sempione) in più casi accreditano una provenienza di questi coloni conduttori
dal Vallese e una loro penetrazione al di qua delle alpi lungo la valle del Toce,
fino a lambire il lago d’Orta e risalire per la valle Strona fino a
raggiungere i luoghi alpestri (...) sulle pendici dei monti Capezzone, Capio e
Caval". Altra direttrice di penetrazione, per ora solo ipotizzabile, segue
la linea : Macugnaga-valle Anzasca -Colma
della Dorchetta. Ciò che importa comunque di rilevare è il carattere stabile e
pacifico dell’insediamento testimoniato, se non altro dal fatto
che i coloni si erano visti riconoscere il diritto di costruire un mulino
ad acqua, avvio di quell'attività molitoria che caratterizzerà l'economia rimellese
fino agli anni '30.’40 del secolo scorso.
Oltre al documento sopra citato, una quindicina di altri ci permette, almeno fino alla conclusione del Trecento, di individuare alcune significative tappe del non facile cammino percorso dai nostri Coloni in terre dove l’asperità dei luoghi e alla durezza del lavoro si accompagnavano le conseguenze delle tensioni tra i Biandrate e i Canonici di S. Giulio d'Orta che ne avevano ancora la giurisdizione, aggravate dall'intrusione di altri elementi, per es. Omegna. Lo testimonia la razzia di bestiame – vacche, pecore, capre - ai danni soprattutto dei Canonici di S. Giulio d'Orta, patita dai walser rimellesi nel 1260. Un furto di bestiame, allora, era tale da sconvolgere l'ancora precario equilibrio della loro economia agro-pastorale. Ma già nel 1270 ci è date di rilevare una maggiore stabilita: in quell'anno intatti, un gruppo di coloni, tutti di chiara provenienza vallesana, quattro residenti nell’alpe Rimella e nove abitanti nelle due già citate parti dell’alpe Rotondo si uniscono per meglio definire la dipendenza dalla Canonica di S. Giulio, mediante il rinnovo quindicennale, ripetibile ogni quindici anni dai loro eredi, dell'investitura di dette alpi. Le clausole del contratto, in cui per la prima volta Rimella compare come unità insediativa delle singole alpi, prima menzionate solo distintamente, prevedono "che gli affittuari colle loro famiglie possono abitare nella località di Rimella, costruire case e mulini, pascolare e sfruttare i boschi, dietro un versamento annuale di 9 lire imperiali al capitolo di S. Giulio nel giorno di S. Martino, per quindici anni; la corresponsione della decima sui prodotti vegetali e animali, secondo la consuetudine della Riviera del Lago d'Orta, di un canone di reinvestitura quindicennale di 20 soldi Imperiali e infine,il riconoscimento di essere uomini (= homines) sottoposti alla giurisdizione contenziosa e volontaria della canonica di S. Giulio ma non al pagamento del fodro (diritto di ospitalità ai canonici)." In
seguito la comunità rimellese deve essersi notevolmente sviluppata in senso
quantitativo e qualitativo se, in un documento del 1314 troviamo per la prima
volta l'insediamento citato come "villa" con presumibile riferimento
al suo nucleo centrale, dove è testimoniata l'esistenza di una piazza, luogo di
convocazione dell'assemblea dei Rimellesi.
Questi
infatti, come risulta dalle stesso documento, analogamente ad altre comunità
rurali alpine nell'Europa del tempo, erano riusciti a darsi la forma di comune
consolare formato da un consiglio ristretto e rappresentativo dei "vicini",
cioè di tutti coloro che appartengono alla comunità disseminata nelle singole
frazioni. Da questo momento in avanti per il pattuito rinnovo dell'affitto
ereditario non sono più i capifamiglia a recarsi all'isola di S. Giulio, ma due
procuratori ridotti poi a uno solo - delegati dalla Comunità.
Dalle carte seguenti quella del 1314 risultano le tormentate vicende dei rapporti fra Rimella e il capitolo dell'isola di S. Giulio e, infine l'ultima testimonianza a noi nota sull'esistenza del comune consolare a Rimella ancora nel 1394 ”anche se ridotto in apparenza a funzioni meramente amministrative" come rileva il prof. A. Vasina alla fine. del suo articolo aggiungendo, a conclusione, che se alla fine del Trecento “si sono vieppiù venuti precisando i lineamenti demico-insediativi ed economico-sociali della comunità rimellese; altri aspetti essenziali della sua presenza storica - ad esempio quelli culturali e religioso-ecclesiali - ci restano tuttora sconosciuti; come del resto ignoriamo ancora il processo di integrazione, della comunità walser nel contesto culturale valsesiano fra Medioevo ed età moderna. Ma questo è un nuovo capitolo di storia locale tutto da riscoprire [16]”. Riscoperta non facile, aggiungiamo noi anche a causa degli incendi che hanno distrutto parte della casa prepositurale alla fine del XVII secolo [17] (6); il municipio con archivi e tutti i documenti nel dic.1697, nel 1813 e nel 1960; intere frazioni nel 1818 l'intera frazione Tser Chilco (Chiesa) bruciata ad eccezione della Chiesa; nel 1853 un grosso incendio distrugge tutte le case eccetto due - tutte le case verranno poi ricostruite in pietra [18]. Tuttavia recenti contributi apparsi negli anni recenti su Remmalju mostrano quale ricchezza di dati e informazioni su importanti aspetti della storia rimellese si possono ricavare dalla ricerca negli archivi diocesani, civici, di Stato e parrocchiali, studiando in particolare i rogiti notarili - e sappiamo che Rimella è stata un vivaio di notai fin dal '500 ma anche prima, come risulta dalla collezione di atti relativi al periodo 1396-1556 di cui diremo più avanti.
ETA' MODERNA
La
storia di Rimella si arricchisce di dati e informazioni man mano che si
progredisce nei secoli dell’età moderna i cui inizi rimangono però tuttora
molto oscuri. Lumi ci vengono dal prof.Augusto Vasina che nell'articolo, di cui
riproduciamo di seguito ampi brani, "Note di storia sociale rimellese fra
Quattrocento e Cinquecento [19]". comunicando i
risultati dell'esame da lui fatto dei 44 atti notarili custoditi
nel Museo
civico di
Rimella sotto
il titolo "Carte
antiche del
Museo di
Rimella dal
E
prosegue: In linea di massima si può osservare come, a distanza di molti
decenni, la popolazione rimellese sia cresciuta in ogni senso sul suo primitivo
nucleo caratterizzante di Walser ( ... ). Risulta aumentato notevolmente il
numero delle famiglie i cui indici onomastici in parte confermano un rapporto di
continuità coi primitivi insediamenti Walser, in parte, invece, sembrerebbero
attestare fenomeni immigratori da territori e località finitime e comunque non
lontane ( ... ). Per quanto e dato
comprendere sì tratta di famiglie numerose di proprietari terrieri,
agricoltori e pastori e anche professionisti (ad esempio notai), fra loro
abbastanza integrate da vincoli di parentela e non di rado riunite in consorzi.
Su base onomastica ( ... ) vengono definendosi in modo non sempre lineare i
cognomi familiari: quelli di famiglie ancora esistenti come, oltre ai Termignone,i
Ferrari, gli Ubezzi, i Calzino (...); e di altre estinte o quasi, almeno nel
Rimellese: i Maffioletti, i Fogli (….). Cresce, dunque, il numero delle
famiglie e, assai più di prima, appare articolata la loro dislocazione in
frazioni e presso alpeggi e corsi d'acqua che compaiono per la prima volta nei
tempi qui considerati: oltre ai toponimi Rimella e Rondo (o Rotondo), ricordati
inizialmente come alpeggi, finalmente vengono testimoniate come "ville"
anche le frazioni di cui è costituito il comune già operante, come si e
vista.nei secoli XIII e XIV, e ora retto almeno da un console ( tale
rappresentante della comunità rimellese, identificato in Milano fu Alberto.
Calzino figura nel 1479…) che esercita il suo mandato in Villa Ecclesie
(cioè a Chiesa), presso la residenza comunale. Il nucleo più frequentemente
menzionato nelle carte, soprattutto per le rogazioni notarili, e la villa
Ecclesie(...) anche come centro della vita religiosa per la presenza della
parrocchiale di S. Michele Arcangelo (a.1517) di un cimitero (a.1431) e pure di
una piazza(a.1526). In proposito non si può non accennare al fatto che in
Chiesa (nella frazione, N.d.R.) si concentra l'edilizia più qualificata del
paese, con case porticate e
loggiati, dove si svolgono le contrattazioni alla presenza di testi e notai che,
nel caso del Quattrocento seno in prevalenza di provenienza fobellina (…)
mentre, nel '500 seno tutti di estrazione rimellese [20].
Sempre
dall’artico del prof. Augusto Vasina apprendiamo inoltre che "accanto a Rendo
(= S. Gettardo?), che viene ancora richiamata in queste carte, compaiono nuove
frazioni, come il vicus (o vículus) ville Superioris (a.1451, perg.n.2) Sella
(a.1470. perg n. 3); Roncaccio (a.1484 perg.n.12); la località Reorte in
Castello (a.1517, perg.n.20); Grondo (a.1537, perg.n.32a). In ogni caso
l’ubicazione dei beni fatti oggetto di contrattazione( ... ) risulta sempre
preceduta dalla formula in territorio Rimellese, da considerare ambito di
attuazione del diritto consuetudinario comunale.
Rilevato
che, nella documentazione esaminata la località più frequentemente ricordata e
Scarampoglo (toponimo che ricorre in almeno 12 carte) e che dall'insieme
degli atti notarili esaminati si ricava "uno spaccato della vita
comunitaria rimellese nelle sue espressioni individuali e sociali e nelle sue
forme materiali". il prof. Vasina A. ci offre un'ulteriore messe di dati
che l'economia del presente lavoro non ci consente di riprodurre e per la quale
rimandiamo alla lettura diretta dell’articolo stesso, citandone però la
conclusione in cui si dice che "da più segni sembra
" (.. ) legittimo affermare che Rimella, pur conservando
alcuni dei primitivi caratteri germanici. nel ‘400, ‘500 fece notevoli passi
avanti nel processo di ambientamento nel mondo valsesiano.
In
questo senso, fra l'altro sembrerebbero deporre da un lato la minore pregnanza
walseriana degli antroponimi rimellesi, dall'altro una significativa presenza di
toponimi locali di origine germanica.
Ulteriori
informazioni, sull'età moderna rimellese, presentate come "dati certi e
indicazioni attendibili" – comunque, tranne un'eccezione, non documentati
- si trovano gia in M. Bauen, Nel suo libro [21]
sono attestate la costruzione (1518) e la consacrazione della Chiesa a
Parrocchiale (a.1528), segno della crescita di importanza della Chiesa "in
villa Ecclesíe" (cfr. A. Vasina, art. cit.). ma ci vengono anche offerti
dati sul problema della sepoltura dei morti di Campello che dovevano essere
trasportati a piedi, per impervio sentiero - chi lo ha percorso lo sa - e
attraverso la Colma (2000 m, di altezza ca), per essere seppelliti nella Chiesa
di appartenenza, cioè Rimella [22].
Tale problema, grave perché i morti campellesi dovevano essere congelati nella
neve nel lato nord delle Stronerfurku per poter essere seppelliti a Rimella solo
dopo le scioglimento della neve stessa, viene risolto, ma solo nel 1551. 18/4,
con la consacrazione del nuovo cimitero di Kampel (Campello), per cui, ci
informa Bauen, il 21 aprile della stesso anno viene utilizzato per l'ultima
volta il "Toturaschte" detto “Obrun Balme”.Dalla stessa fonte
veniamo a sapere che l’11 settembre del 1597 infine, Campello viene separato
dalla Parrocchia di Rimella ed annesso a quella di Forno (Valstrona)
Le
notizie finora citate sulla Rimella del Quattro-Cinquecento, alcune delle quali
confermate da recenti ricerche negli archivi Diocesani di Novara e civico di
Varallo, contribuiscono a creare l’immagine di una comunità viva che,
nonostante l'asperità del paesaggio - che rimane tuttavia ricco di fascino -,
la durezza di un lavoro faticoso quando non pericoloso, gli ostacoli posti da
una economia agro-pastorale e da condizioni di vita spesso ai limiti della
sopravvivenza, ha saputo, con l'intelligenza, il coraggio, la tenacia e la
disponibilità al sacrificio alimentata da uno spirito religioso profondamente
sentito di tutti ì suoi membri, creare una cultura ricca ed originale
testimoniata ancora oggi dal numero, solidità e bellezza degli edifici sacri,
in primo luogo la Chiesa Parrocchiale [23],
dalle case ad uso di abitazione come casa Robbo (De Robo) [24]
che porta ancora, incisi nel legno di un architrave la data di costruzione
(1593), i nomi dei proprietari e il contrassegno di famiglia, unico finora noto
di quelle antiche case Walser. Ma ciò che sorprende e il numero della persone
colte che la società walser
rimellese e riuscita ad esprimere, come da più fonti ci viene attestato. I dati
documentati infatti si moltiplicano man mano si procede nel secoli dell'età
moderna. Cosi ci risulta che nel '500 Rimella annoverava 24 notai di cui 13
operanti nel paese [25]
ma già M. Manio [26], negli elenchi elaborati
su ricerche d'archivio enumera un prete rimellese nel '500, tre nel ‘600 una
ventina nel ‘700 oltre a notai e causidici (37 di cui 31 operanti fra il 1539
e il 1809), avvocati, medici, veterinari, chimici, farmacisti, capitani,
ingegneri ... scrittori, pittori e scultori operanti fra il Cinquecento e il
Settecento.
La citazione di ogni
persona, in Manio, è corredata di brevi notizie
biografiche che ci permettono di conoscere anche aspetti della vita del
tempo e non solo rimellese. Così veniamo, fra l'altro, a sapere che il prete
rimellese don Antonio era curato di Ornavasso verso il 1528 e che ha lasciato una "Memoria sui miracoli che avvennero
al principio del Santuario del
Boden”; che don Carlo Andrea Reale (Riolo) rimellese e
parroco di Rimella. Vicario Foraneo, ha fatto costruire un nuovo oratorio
alla Madonna del Rumere, iniziato nel 1760 e benedetto nel 1767;
che don Domenico Antonio Tesseri, "sacerdote di vasta cultura, di
largo cuore e di grande merito", già Parroco della Cattedrale di Novara,
arciprete di Ornavasso e infine Parroco e Vicario Foraneo di Rimella, notaio
apostolico, ha ideato e fatto costruire con un contributo veramente eccezionale
di lavoro di tutti i rimellesi - la nuova, splendida chiesa Parrocchiale
(l'attuale) di Rimella. Di don Dom. Ant. Tesseri, primo dei Parroci di Rimella
che ebbe il titolo onorifico di Prevosto, abbiamo notizie anche in Bauen [27],
specie per la questione della lingua dice Bauen che nel 1771 il Vescovo di
Novara "trasferisce don Domenico Antonio
Tesseri( .. ) il quale predicava in tedesco, da Ornavasso a Rimella
e da quel momento proibisce nel modo più assoluto ai genitori della parrocchia
di Ornavasso di insegnare ai loro bambini il dialetto tedesco..."
aggiungendo che "fino al 1771 in Ornavasso si predicò esclusivamente in
tedesco. In quell'anno il vescovo trasferì da Ornavasso a Rimella l'ultimo
prete che si sia servito del tedesco nel confessionale e
nella predicazione…”. Ci
informa inoltre Bauen (loc.cit.) che "il 15 luglio del 1788 viene
inaugurata la nuova grande Chiesa parrocchiale edificata in sette anni dagli
abitanti del luogo secondo il progetto dell'arciprete don Antonio Tesseri qui
trasferito da Ornavasso. Notazione quest’ultima che ci fa riflettere e pensare
a quella moltitudine di persone, discendenti dai primi coloni insediatisi a
Rimella nel XlII secolo, che, non saranno mai citate negli annali della storia
ma che hanno reso possibili le alte espressioni artistiche e culturali della
comunità rimellese con il loro quotidiano umile e silenziose lavoro che
significava, a Rimella, levate in ore antelucane (tre - quattro), specie nella
stagione estiva, cura degli animali, taglio del fieno in luoghi anche
dirupatissimi, cura dei piccoli orti e campi dove si coltivava quanto era
possibile a quell'altitudine e necessario al sostentamento quotidiano (molto
parco), sfrondatura degli alberi - frassini in particolare - percorsi per
impervi sentieri i soli che allora rendevano possibili le comunicazioni [28]
.
Il
che non ha impedito a questa gente, unita dalla comune fede cristiana e dal
saldo vincolo della lingua parlata indistintamente da tutti, uomini, donne e
bambini fine all'immediato secondo dopoguerra, di essere autosufficiente,
saldamente organizzata oltre che sensibile al bisogno di istruzione e di scuola
e di provvedere nei modi che vedremo appreso.
Due
altre figure di rimellesi vanno citate infine: padre Filippo Reale dei frati
Minori francescani, uomo dottissimo e versato nelle discipline sia filosofiche
che teologiche, oratore di grido e vigoroso polemista, specie contro i
giansenisti, e Giovanni Battista Filippa, fondatore del Museo di Rimella che
ancora oggi porta il suo nome ed è, in assoluto, il primo Museo civico della
Valsesia.
Padre
Reale, oltre che per l'intensa partecipazione alla vita della Chiesa e della
società del suo tempo si ricorda anche per l'orazione in onore di S. Gioconda
da lui pronunciata a Rimella nel 1790, in occasione del trasporto alla Chiesa
prepositurale delle spoglie della Santa Martire. L'orazione fu pubblicata nelle
stesso anno [29] in un opuscolo che nel
frontespizio porta un'indicazione per noi di un certe interesse. Si dice infatti
che è stata "recitata dal Padre Lettore Filippo di Rimella (...) sul
chiuderai del solenne triduo celebrato il dì 27, 28, 29 di giugno a spese de’
divoti consorti rimellesi abitanti in Novara ed in Vigevano ... ". La
citazione richiama il tema delle confraternite e sodalizi esistenti e operanti
in Rimella, ma anche fuori, fra gli emigranti rimellesi - nel nostro caso quelli
di Novara e Vigevano appunto.
Ora,
poiché non e possibile in questa sede procedere ad approfondimenti più ampi
della storia rimellese nell'età moderna, noi scegliamo di chiudere questa breve
rassegna proprio con il tema “confraternite”, che richiama in qualche modo
anche quello dell'istruzione e della scuola, utilizzando, nell'esposizione
soprattutto i risultati delle ricerche che Rina Dellarole Cesa ha pubblicato su
Remmalju [30] n. 13, anche se
importantissimo rimane il lavoro, sviluppato in chiave antropologica, del prof.
P. Sibilla [31]. Ricerche d'archivio
condotte con crescente frequenza in tempi recenti su importanti aspetti di
Rimella nell'età moderna contribuiscono a mettere in evidenza la solidità
sociale e la ricchezza, Specie culturale, del paese allora densamente popolato
pur nel persistere di un'economia al limite della sopravvivenza da cui
l'emigrazione cronica [32],
e le difficoltà e pericolosità delle comunicazioni con l’esterno
specialmente nella stagione invernale [33].
Parlando del passato, una persona intervistata dal dott. Remogna [34]
ha detto: "Erano tempi in cui c'era più povertà e di un pane la gente era
contenta" – povertà, osserviamo noi, che non ha impedito però ai
rimellesi dei secoli passati di curare e sviluppare - specialmente nel
Settecento - scuola e istruzione e di provvedere capillarmente (cura dei luoghi
di culto, costruzione o ricostruzione in pietra - abili costruttori quali erano
- delle abitazioni) alle necessità spirituali ma anche materiali della gente
che allora popolava le frazioni ed era numerosa o come testimoniano i dati
statistici pubblicati dal can.co Manio e dal prof. Bauen rispettivamente nel
1905 (dati dal 1631 al 1831) e nel 1978 (con dati dal 1631 al 1971. Da Manio
(op. cit. pag.31) risulta che nel Settecento te le famiglie erano 200 con 874
abitanti nel 1715, e 214 con 1062 ab. nel 1703, numero che nel 1801 diventa di
1175 unità, con un crescendo rilevato anche da Bauen su dati forniti dalla
Segreteria comunale di Rimella, dai quali risulta che nel 1750 il numero
oscillava fra gli 800 e i 1000 abitanti, saliva ancora a 1062 nel 1783 e a 1381
(punto massime raggiunto) nel 1831 per poi scendere progressivamente ai 362
abitanti del 1943, ai 320 del 1971 e crollare, aggiungiamo noi, ai 148 residenti
del 2000.
Ma
nell'età moderna, soprattutto nel Settecento in questa Rimella così popolata.
si studiava e numerosi, ben organizzati sodalizi, funzionavano sia nel campo
della spiritualità che dell'assistenza, come possiamo desumere oltre che dalle
ricerche della citata R. Dellarole Cesa. anche da quelle di S. Bruno sulle
visite pastorali compiute a Rimella dai vescovi Mons. Taverna, Mens. Balbis
Bertone e da Mons. Marozzo Della Rocca, rispettivamente nel 1617, 1760 e 1821 [35].
Dagli atti relativi apprendiamo che Rimella era un "Cura
sparsa" con "Curato bono", e "populo bono", abitata da
individui appartenenti al ceppo walser. "teutonici", e che una parte
degli uomini era in grado di comprendere l'italiano (visita Taverna 1617).
Notazione questa che ci rimanda al fenomeno dell'emigrazione, intensa specie nei
mesi da marzo a ottobre, che se metteva gli uomini a contatto con il circostante
ambiente neolatino, faceva gravare tutto il peso dei lavori e la cura della
famiglia sulle donne, le quali invece conoscevano soltanto il "tittschu"
idioma dei primi coloni walser.
Apprendiamo
inoltre, fra le altre interessanti informazioni che gli atti delle visite
pastorali ci forniscono su molteplici aspetti della vita quotidiana a Rimella,
l'importanza rivestita dall'istituto della cappellania [36]
per l'istruzione dei rimellesi per i quali l’acquisizione di un livello almeno
elementare di alfabetizzazione costituiva un elemento irrinunciabile nella
formazione dei giovani rimellesi, destinati in maggioranza ad intraprendere la
via dell'emigrazione, e pertanto bisognosi di saper leggere e far di conto per
poter svolgere adeguatamente il proprio mestiere, spesso di tipo artigianale e
altamente qualificato, ed essere in grado di comunicare per iscritto con le
famiglie rimaste in patria. "A questo provvedevano sia le lezioni di
Dottrina Cristiana che si svolgevano "esclusivamente nei pomeriggi festivi
del periodo compreso tra S. Michele (29 settembre) e le Calende di maggio”,
nonostante le precarie condizioni delle vie di comunicazione durante
l'inverno" sia il Cappellano. Fin dagli inizi del Settecento infatti, una
parte delle offerte e donazioni dei rimellesi emigrati fu destinata al
mantenimento del cappellano titolare del beneficio laicale posto setto il titolo
di S. Michele. al quale competevano gli obblighi di confessare.di celebrare la
Messa festiva "in aurora", e di
fare "schola gratis a sei figlioli da nominarsi dalla detta Comunità per
sei mesi in ciascun anno" [37]
, scuola gratuita che già nel 1760 risultava aperta anche ad alunni "a
pagamento". Da questi dati risulta l'importanza del ruolo non solo religioso
ma anche formativo dei parroci e cappellani di Rimella i quali si dimostrarono
all'altezza del compito col fornire “accanto alla generale preparazione di
base, anche una formazione culturale più approfondita per i giovani destinati
alla professione notarile e alla carriera ecclesiastica". Dobbiamo
aggiungere però che spesso i sacerdoti-maestri di Rimella avevano studiata,
oltre che al Seminario di Novara, anche in altri centri di cultura superiore.
Così il cappellano Giuseppe Antonio Colombo nato a Rimella nel 1710, che aveva
frequentato i Corsi di Lettere, Retorica e Teologia speculativa presso la Regia
Università di Torino; così il parroco Carlo Andrea Reale, nato nel 1704, che
si era formato a Casale Monferrato.
Quanto
sopra detto mentre da un lato spiegherebbe l'alto numero di persone colte
vantato da Rimella in età moderna, dall'altro mostra come pur nelle difficili
condizioni ambientali, Rimella non e affatto una realtà isolata dal resto del
mondo, ma e con questo in un contatto fecondo dì conseguenze positive.
Le
visite pastorali ci offrono anche notizie sulle Confraternite. Così sappiamo
che nel 1617 (visita pastorale di Mons.Taverna) era attiva in Rimella la
Confraternita di S. Spirito che "disponeva di terreni che producevano dieci
staia di segale all'anno" e che " i priori passavano di casa in casa
per raccogliere le generose elemosine in natura..." e che "il ricavato
complessivo veniva utilizzato per cuocere, il giorno dell'Ascensione, i pani da
distribuire ai poveri del luogo e ai forestieri e ai cosiddetti "vicini"
cioè ai membri della comunità...[38] ".
Notizie
più ampie su tali sodalizi si trovano nella relazione sullo stato e
amministrazione dei Luoghi Pii del Comune di Rimella che nell'anno 1728 il
notaio Alberto Colombo ha presentato, su richiesta, al Gran Pretore della
Valsesia e il cui contenuto è pubblicato da R. Dellarole Cesa sulla rivista
Remmalju, alla quale rimandiamo per limitarci qui ad alcune.citazìoni che ci
sembrano utili ad arricchire,concludendo, quanto fin qui è stato detto di
Rimella nell'età moderna. Da esse appare la partecipazione della gente alla
vita del proprio paese come attestano le confraternite, quella del SS.
Sacramento e il funzionamento degli Oratori, ordinatamente elencati, come
vedremo appresso.
Più
in particolare, sia la Confraternita del SS. Sacramento, canonicamente eretta
sin dal 1625, che gli Oratori hanno propri organi di funzionamento: per il SS.
Sacramento, un tesoriere, un priore e altri ufficiali che vengono cambiati ogni
due anni, che amministrano i beni e sono tenuti ad un rendiconto annuale davanti
al curato e ai confratelli vestiti dell'abito turchino; per la "Carità
antica dei poveri", un procuratore che annualmente dà conto
dell'amministrazione davanti al parroco e al popolo della Chiesa parrocchiale, e
da un collettore delle elemosine; per gli Oratori i procuratori tenutari delle
Ville (frazioni) che ogni anno, a ruota, si cambiano e i conti vengono dati alla
presenza di tutti i terrieri, riconosciuti approvati e sottoscritti dal curato
del luogo. La relazione del notaio Colombo precisa inoltre che "le
elemosine si spendono a beneficio e decoro di essi Oratori nei quali si celebra
(ancora oggi, aggiungiamo noi) messa ogni anno nella festa del santo titolare e
nelle rogazioni e alcune altre volte nell'occasione della somministrazione dei
sacramenti agli infermi e a
richiesta di qualche persona devota."
Gli
Oratori, distanti "in parte mezzo miglio, in parte un miglio e parte due
dalla parrocchia" sono posti sotto diversi titoli e invocazione dei santi e
cosi dislocati:
1)
nella Villa Inferiore la Madonna della Neve
2)
nel Roncaccio Inferiore la Madonna delle Grazie
3)
nel Roncaccio Superiore la Visitazione di S. Maria Elisabetta
4)
sopra il Pianello e Villa del Molino le Vergine Santissima dell'Annunziata
5)
sopra la Villa del Toso (?) la Vergine Assunta
6)
nel Graziano S. Martino e Sant'Antonio da Padova
7)
nel Grondo S. Marco e S. Ambrogio
8)
nella Villa dei Prati S. Nicolao
9)
nella Villa Superiore S. Bernardo
10)
nella Villa della Sella S. Quirico
11)
nella Villa di Rendo S. Gottardo.
ETA' CONTEMPORANEAL'età
contemporanea si apre con una Rimella popolosa. abitata da gente che si
autogovernava con le strutture civili e religiose di cui si è gia parlato,
dotata di una CHIESA fra le più belle se non la più bella della Valsesia, di
numerosi altri edifici sacri, testimonianza delle spirito religioso dei rimellesi
[39]; di SCUOLE funzionanti,
oltre che di uno strumento culturale eccezionale per quei tempi, il MUSEO G. B.
FILIPPA.
Vivaci
anche l'attività agro-pastorale, neppure insufficiente a sostentare tutti, base
Dell’economia del paese, e quelle artigianali (al Grondo funzionavano segherie
e mulini) e commerciali in loco e fuori [40];
con VIE DI COMUNICAZIONE inadeguate, spesso pericolose e un alto tasso di
EMIGRAZIONE nei paesi vicini e all'estero; con CASE E CASERE ben distribuite
nelle diverse frazioni, vero monumento alla sapienza costruttiva e al buon gusto
della popolazione, le quali ancora oggi contribuiscono ad ingentilire un
paesaggio dal punto di vista geologico aspre e selvaggio.
Il
periodo qui considerato si chiude invece sul finire del XX secolo con
un'immagine del paese di tutt'altro segno, caratterizzata dalle spopolamento,
dalla chiusura delle scuole locali [41] e da altri fenomeni che
già Bauen negli anni '70 aveva osservato e descritto [42].
Di
tutto questo cercheremo di considerare qualche aspetto a partire dalla Chiesa
parrocchiale, sulla base delle già citate fonti, soprattutto dei contributi che
diversi studiosi, con crescente-frequenza, hanno pubblicato negli ultimi anni su
Remmalju.
Veniamo
così a sapere [43]
che la costruzione della nuova parrocchiale di Rimella va inserita nel
generale moto di rinnovamento architettonico avviato in Valsesia dal "santo
prevosto di Varallo Benedetto Ludovico Giacobini" con la riedificazione in
Varallo della stessa Collegiata di S. Gaudenzio e manifestatosi poi con la
costruzione delle "monumentali chiese di Campertogno, di Riva Valdobbia"
e della parrocchiale di Grignasco, capolavoro del Vittone.
Anche
a Rimella, come abbiamo già notato, per iniziativa e su progetto del parroco
don Domenico Antonio Tesseri, nel 1780 fu dato inizio alla costruzione della
nuova parrocchiale, terminata e consacrata il 5 luglio 1788 dal vescovo di
Novara Mons. Balbis Bertone il quale, nell'omelia pronunciata in
quell'occasione, distinse la nuova chiesa con l'appellativo di "basilica",
che è la prima delle espressioni laudative che seguiranno da più parti: "maestosa
architettura" (Casalis, Dionisettì), "una maestosa chiesa
parrocchiale" (Tonetti), "è una delle più belle e ricche chiese
parrocchiali della Valsesia (Ravelli).
Lasciando
alla lettura diretta dell'articolo del prof. Debiaggi, citate in nota, altri
particolari sul valere artistico della costruzione, noi qui vogliamo
sottolineare il suo valore di testimonianza delle spirito religioso del popolo rimellese
che ha contribuito col lavoro di tutti e con altri mezzi alla sua costruzione,
così come a quella degli altri edifici sacri, Oratori, cappelle e cappellette
costruiti tra il Sei-Settecento e sparsi [44]
nelle diverse frazioni e lungo i praticati sentieri: una specie di "Basilica
pauperum" sia per le numerose scritte di invocazione sia per il richiamo ai
testi sacri i quali, anche se riprodotti in latino, erano compresi dalla gente
che ne conosceva il significato avendolo chiarito durante le lezioni di
catechismo, a scuola,
Riguardo
la parrocchiale aggiungiamo ancora che "nel 1862 i Fratelli Mentasti di
Novara edificarono un nuovo organo presso la Chiesa Prepositurale di S. Michele
Arcangelo in Rimella in sostituzione del precedente strumento risalente agli
anni 1770-80 di autore Ignoto e composto di circa 700 canne inserite in una
struttura d’organo positivo [45].
Questo strumento, restaurato qualche anno fa per iniziativa del parroco don
Vanzan con il contributo di tutti i rimellesi residenti e oriundi, fu inaugurato
Il 19 agosto del 1997 da un concerto del maestro Arturo Sacchetti. Ha messo in
evidenza le sue meravigliose possibilità anche nel concerto con cui il maestro
Alberto Brunelli, di Ravenna, ha concluso la cerimonia sia della presentazione
del libro di M. Bauen tradotto dal tedesco dal dott. Eugenio Vasina, sia dallo
scoprimento di una lapide, all'esterno del Museo in onere di G. B. Filippa e,
dentro il Museo, di un bassorilievo con l'effige del prof. Bauen stesso il 18
luglio 1999.
Il
MUSE0, che e un altro vanto di Rimella, è sorto per iniziativa di G. B.
Filippa, nativo della frazione Sella (1778-1837) il quale, precorrendo
notevolmente i tempi ebbe "l’idea di raccogliere in un museo varie
cose(..) allo scopo di far conoscere ai suoi compaesani come era il mondo e la
vita al di fuori della diletta patria walser". Buona parte di questo
materiale erano doni di rímellesi che erano emigrati per motivi di lavoro in
vari paesi d'Europa e dell'America del Nord [46],
nel 1836, con l'atto privato, redatto per la Comunità dall'allora parroco don
Gaudenzio Cusa [47] "G. B. Filippa donò
al Comune di Rimella tutta la raccolta che attualmente è sistemata nei locali
di un'antica casa del 1415 attigua alla casa Prepositurale e vicina sia al
Municipio che alla Chiesa. "Si tratta" dice il prof. A. Vasina "di
un'eredità ( ... ) senza dubbio prestigiosa per il centro che la ospita, ma
anche impegnativa per l'intera comunità che e chiamata a tutelarla e a
valorizzarla, attraversa un ulteriore riordinamento in sezioni più specifiche
ed omogenee dei reperti ed oggetti che la costituiscono ( ... ) nel senso di
articolare meglio in sezioni distinte i materiali effettivamente esotici da
quelli invece propriamente valsesiani e più specificatamente Rimellesi; in modo
tale che all'interno di questa sezione se ne possa infine enucleare una nuova,
caratteristica della civiltà walser, nella quale i Rimellesi pessano meglio
riconoscere le loro autentiche radici [48]".
In tal senso vanno oggi le iniziative messe in atto dal Comune di Rimella che,
in linea con gli orientamenti più avanzati cerca di potenziare il carattere
etnografico del proprio museo.
Per
il materiale che il museo custodisce rimandiamo agli articoli citati in nota,
limitandoci a segnalare il Diario del Filippa "tesoriere e benefattore
dell'Oratorio di S.Quirico alla Sella" per la bella e documentata analisi
socio-antropologica della comunità rimellese di allora contenuta nel libro
"I luoghi della memoria”del Prof. Paolo Sibilla [49].
Il Diario stesso, iniziato nel 1831, costituisce un documento della vita in
Rimella nell'età della Restaurazione.
Vorremmo
infine aggiungere alcune osservazioni sulle possibilità didattiche offerte dal
museo di cui si tratta. Riteniamo infatti che una anche solo breve visita al
museo stesso permetterebbe ad una persona attenta e appena un poco preparata di
immaginare l'evoluzione storica di Rimella dal Medioevo all'età contemporanea
agganciandone i momenti più significativi a quanto, salvato nel tempo da
dispersioni di varia natura, è ancora esposto sulle pareti e custodito nelle
vetrine. L'ipotetico visitatore potrebbe così per il Medioevo, risalire alla
metà del XIII secolo con la copia del contratto stipulato fra i primi coloni
walser insediatisi stabilmente nelle valli dell'Ender e Landwasser; per l'età
moderna al XV secolo ( raccolta dei 44 rogiti notarili relativi alla comunità
rimellese dal 1396 al 1556); al periodo '500-'700 (collezione di libri antichi
dal '500 al '700, fra i quali l'edizione originale, datata 1732, di un trattato
di matematica composto da Cristiano Wolff per i suoi studenti, libro che forse
più di una biblioteca invidierebbe ai rimellesi); alla rivoluzione francese
(berretto gíacobíno “frigio”, in legno di larice, rosso, datato 1797 che
era stato issato sull'Albero della Libertà eretto davanti alla chiesa di S.
Quirico in Sattal, la frazione Sella che, secondo L. Rinoldi all'epoca della
occupazione francese del Nord Italia era sede di un Luogotenente di Governo);
all'età napoleonica (Codice civile per il Regno d'Italia MI 1806; quadro con
medaglione di Napoleone I°; medaglione del Regno d’Italia e altre medaglie.
Lettere di Napoleone I° a Giuseppina; Atto di Costituzione della Loggia dei
Franchi Muratori in Torino, rilasciato il 7 maggio 1806 dal Grand'Oriente di
Francia; il foglio di congedo dal servizio militare, siglato "Regno
d'Italia" rilasciato a G. B. Filippa nel 1812 e una piccola gavetta ricordo
di detto servizio presso il 5° Reggim.to a Padova anno 1812). Se agli ultimi
due reperti citati aggiungiamo le "Memorie della vicinanza della Sella e
altre memorie patrie raccolte dal sig. Gio. Batta Filippa fu Michele tesoriere
dell'Oratorio e fondatore del Museo", diario definito “una pagina rara ed
importante della storia civile e culturale di una comunità walser nell'epoca
della "Restaurazione", possiamo dire che il Museo di Rimella ci offre
interessanti aspetti di ciò che siamo soliti chiamare età contemporanea.
Libri.
opuscoli, carte, medaglie. quadri, ci rimandano anche al Regno di Sardegna al
quale, con le ultime
settecentesche guerre di successione la Valsesia, compresa Rimella, era
stata aggregata; al ministro Bogino, ai sovrani sardi Carlo Felice e Maria
Cristina di Borbone, al Risorgimento, al Regno d'Italia, alla Resistenza durante
la II° guerra mondiale.Segno tutto questo che altri avevano continuato e
secondo il suo espresso desiderio, ciò cui Filippa aveva dato inizio. Ciò
spiega la presenza nel Museo dei molteplici reperti di ogni parte del mondo,
monete, biglietti di viaggio, stampe..., documento del mai cessato fenomeno
migratorio, una costante della storia rimellese; spiega anche la
documentazione fotografica
dell'attività della Pro Loco fondata nel 1960 e animata in quegli anni dall'avv.to
Ottone. Si spiega anche la presenza di suppellettili e oggetti vari della
semplice vita quotidiana dei rimellesi, del loro lavoro in casa e all'alpe, ma
anche nei boschi - ci seno parecchi saggi delle essenze proprie del territorio
rimellese: frassino. larice... - così come di tracce dei tentativi di avviare
in loco attività minerarie: fra i reperti esposti, la pirite aurifera e la foto
di una macina per minerali trovata alla base del Caval, nei pressi di una
miniera oggi naturalmente abbandonata. “Last but not least”: in uno
scaffale, fra i libri sulla storia e cultura dei walser, c'e una copia del libro
di Marce Bauen "Sprachgemischter Mundartausdruck in Rimella“ edito in
lingua tedesca gia nel 1978 ma di cui i rimellesi che non conoscono la lingua
tedesca anche se parlano il tittschu, non hanno potuto conoscere il contenuto,
cosi importante per la loro lingua e la loro storia, fino a quando, ma solo nel
1999, non e uscita la traduzione italiana.
Il
Museo che Filippa aveva creato per la sua gente non era comunque destinato ad un
popolo di analfabeti bersi a persone che sapevano leggere e scrivere e che nella
generalità disponevano degli elementi di una cultura di base: come già nel
Settecento le SCUOLE a Rimella c'erano e funzionavano anche nell'età
contemporanea.
Sul tema disponiamo di
informazioni ricavate da un articolo di A. Lovatto che riproduce integralmente
un documento stilato nel 1929 dal notaio rimellese Michele Cusa, da un articolo
di M. Remogna e da quello di F. Vercellino [50]
apparsi rispettivamente su Remmalju 1999, 1995 e 1994.
Dal
documento Cusa, pubblicato da Alberto Lovatto, sappiamo che a Rimella "vi
è una scuola in cui si insegna il leggere, lo scrivere, la lingua italiana, gli
elementi dell'aritmetica e della latinità".
Essa
è frequentata da 40 e più fanciulli che fanno progressi a vista d'occhio, ed
è diretta dal signor Gio. Ubezzi che ha fatto plausibilmente il suo corso di
filosofia. Se si dicesse che al presente la scuola di Rimella non invidia
nessuna di quelle della Valsesia ne per il metodo ne per la direzione ne per
l'ordine e la stessa simmetria estrinseca, non si farebbe nessuna esagerazione [51]".
Questi dati rispecchiano la situazione nel 1828.
Dall'articolo
di Remogna, ricchissimo di dati, stralciamo e riproduciamo, citando liberamente,
solo alcune informazioni rimandando, per il resto
alla lettura diretta [52]
(14). Su questa base veniamo a sapere, che i bambini a S. Gottardo erano 29
"tutti in una stanza, che si scaldavano con la legna del comune che i
genitori tagliavano e portavano a gerle, a turno"; che la "maestra era
Teresa Cusa, che era brava e che poi andò a fare da perpetua a don Vasina".
Veniamo informati inoltre che "la scuola era rurale, istituita dal Comune
con il contributo statale" e che nel 1927 i ragazzi si ritenevano fortunati
di avere "un maestro vero" cioè diplomato( ... ), mentre ai tempi
dei( ... ) nonni l'insegnamento era impartito per lo più da donne volonterose
autorizzate ma non diplomate (uso corrente nelle zone rurali). Il catechismo
"(chiamato "dottrina") veniva insegnato dal sarto Rinoldi e da
pie donne, spesso di sabato, stando a gruppi in Chiesa. davanti ad un altare,
con una verifica successiva del Parroco".
Un
ultime dato: a Rimella "le persone d'ambo i sessi sanno quasi tutte leggere
e scrivere" dato riferito al 1827. ma confermato dalle statistiche
contenute in un quaderno manoscritto esposto al Museo Filippa e relativo ad un
preciso periodo del XIX secolo.
Anche
i temi dell’immigrazione [53],della
viabilità e comunicazioni [54]
delle case di abitazione e delle casere [55]
di importanza fondamentale per la storia di Rimella, così come quelli
dell'attività del Comune, del Parroco (che si è prodigato per la conservazione
del patrimonio artistico e religioso di Rimella con un'infaticabile opera di
restauro e abbellimento), della Pro Loco, delle Associazioni Alpini e Carnevale
vengono in parte accennati in parte più diffusamente trattati dagli articoli
pubblicati su Remmalju che noi pero ci limiteremo a citare in nota per
concludere con alcuni doverosi rilievi sulla "contemporaneità"
relativa.agli ultimi decenni del XX secolo che sono storia, o meglio, cronaca
della comunità rimellese attuale.
Vorremmo
rilevare in Primo luogo la
differenza fra le condizioni di Rimella, tutto sommato positive fra il XVIII e
gli inizi del XX secolo e quanto risulta da un esposto inviato nel 1946 dal
Sindaco di allora (15)
al Prefetto di Vercelli, e quanto ancora Bauen (16)
ci riferisce sulla siruazione di Rimella "zona depressa" negli anni
'70: un quadro che ci mostra una realtà connotata da un segno decisamente
negativo.
Prese
atto di questo va detto pero che la stessa Rimella così connotata dal punto di
vista economico-sociale, se considerata dal punto di culturale e morale e ben
diversa. Se da un lato pensiamo alle persone che con coraggio e spirito di
iniziativa rimangono attaccate al loro paese e non lo abbandonano, dall'altro
rileviamo che essa è riuscita ad attuare in modo ottimale ciò che forse altre
comunità walser non hanno realizzato, o almeno non in eguale misura. Ci
riferiamo al Centro Studi Walser costituito con atto privato, nel 1988 e
ricostituito con nuovo statuto nel gennaio 1996 da 13 soci fondatori [56].
Il Centro Studi Walser dì Rimella ha funzionato sempre sotto la presidenza del
prof. Dino Vasina fino all'autunno del 1999 quando, in seguito alle dimissioni
irrevocabili del prof. Vasina stesso, la presidenza é stata assunta dal dott.
Eugenio Vasina che, accettando, ha assicurato la continuità di questo istituto
al quale comunque il prof. Dino Vasina continua a dare la propria qualificata
collaborazione.
Al
Centro S.W.R. si devono significativi contributi non solo alla conoscenza e
continuità della lingua walser rimellese, il tittschu, ma anche e in
collaborazione con il Comune, la Parrocchia, la Pro Loco e altre associazioni,
alla vitalità dei rapporti con le altre Comunità walser [57].
Più
in particolare e in attuazione delle finalità statutarie, al Centro Studi
rimellese si devono. fra l'altro: 1) le prime iniziative in favore della lingua
animate con generosità e passione dal prof. Dino Vasina al quale si devono
anche le numerose traduzioni
in tittschu documentate nei primi numeri di Remmalju; 2) la rivista
Remmalju che esce con continuità ormai da dieci anni con veste tipografica e
qualità di contenuti sempre più apprezzate; 3) il dizionario "TS
REMMALJERTIT TSCHU / Italiano-Tittschu "elaborato dal prof. Dino Vasina e
uscito nel 1995; 4) la pubblicazione del libro di M.Bauen "Sprachgemiater
Mundartausdruc in Rimella (Valsesia - Piemont)" tradoto dal tedesco in
italiano dal dott. Eugenio Vasina con la collaborazione del prof. Dino Vasina,
della sig.na Piera Rinoldi e altri per quei testi in tittschu che Bauen a
differenza di tutti gli altri casi, non aveva tradotto ne in tedesco, ne in
Italiano, ne in tedesco e in italiano insieme - al prof. D. Vasina si deve anche
la trascrizione del tittschu secondo le ultime regole dettate dal prof. Bauen;
5) una videocassetta su Rimella; 6) la riproduzione delle audiocassette
contenenti la registrazione delle conversazioni, interviste, narrazione di
racconti da Bauen effettuate nel corso della pluriennale ricerca sul tittschu
rimellese e dalla famiglia donate, dopo la sua morte alla Comunità di Rimella.
Nel
quadro dell’attività del C.S.W.R. che dal punto di vista amministrativo - e
non solo - è fin dalle origini validamente sostenuto dal lavoro del rag. Carlo
Buccelloni, vanno iscritti anche gli incontri con la gente del luogo in favore
della conservazione e rinascita della lingua come radice dell'identità del
rimellese, animati dal dottor Eugenio Vasina e dalla sig. Heidi Bauen di Berna,
cosi come la recentissima sperimentazione avviata con il contributo della
Regione Piemonte dalla prof. Dal Negro con la collaborazione del prof. Dino
Vasina sul linguaggio di Rimella.
Molti
sono gli altri aspetti della storia e cronaca rimellese in questo breve saggio
non presi in considerazione ma trattati su Remmalju:
-
la tutela e gli aspetti naturalistici (E. Vasina, P. Vasina G. Pedrizzetti)
-
la viabilità e le comunicazioni,
l’emigrazione, le ricerche minerarie
-
(F. Vercellino); attività alberghiera a.1913/1949 (E.Fontana, R.1993,
Pag.7)
-
la
salute, il lavoro, usi e costumi, la condizione della donna, la scuola (M.
Remogna):
-
i
beni culturali e artistici,dei quali copra si è in parte già parlato (S.
Pizzetta, C. Debiaggi, S.
Bruno, R. Dellarele Cesa);
-
la piccola fabbrica rimellese (don A. Fertina);
-
la Seconda guerra mondiale a Rimella (F. Vercellino. A. Levatto).
Per
tutti questi temi rimandiamo alla lettura diretta della collezione dei numeri
finora usciti della rivista Remmalju e concludiamo con un'ultima osservazione:
tutte le iniziative sopra ricordate non seno fine a se stesse, ma vanno
rapportate alla convinzione che il futuro del paese dipenderà sempre più dalla
capacità di avviare in Rimella un turismo intelligente che salvi le
caratteristiche genuine dell'ambiente e di apprezzare i genuini valori che la
cultura dei walser rimellesi ha saputo creare nel corso dei secoli - la lingua
in primo luogo, segno di un'identità che va difesa e arricchita.
Ravenna. 30 marzo 2000 Milena Feghiz Vasina
(su
incarico del Comune di Rimella e per conto del Centro Studi Walser di Rimella)
[1] Michele Manio “PAROLE lette in occasione della solenne distribuzione dei premi agli alunni delle scuole comunali di Rimella. Novara, tipogr. Vescovile 1905 pag.4 [2] Ibidem pag.13. [3] Ibidem pag.20, nota 1 [4] Augusto Vasina “22 Luglio 1995 Nascita del vocabolario – Ts Remmalju Tittischu – Italiano – Tittischu”Remmalju 1997, pag.7. [5] Silvia Pezzetta “Il notaio emiliano Calcino di Rimella” in De Valle Sicida pag.275 n.6 [6] Eugenio Vasina “Una prestigiosa figura rimellese il Prof. Luigi Rinodi” in Remmalju 1993, pag. 22 [7]Augusto Vasina “Ricordo di Marc Bauen glottologo dei Walser” in Remmalju 1994 pag. 2 [8] Marco Bauen “Sprachgemischter Mundartausdruck in Rimella (in Valsesia Piemont)” Bern, Stuttgart 1978 e, nella traduzione italiana di E.Vasina, uscita nel 1999, con il titolo “La lingua di Rimella (Valsesia Piemont) tra cultura alto tedesca e italiana”. Borgoseisa, la citazione in nota è a pagina 20; [9] E. Rizzi in M. Bauen, Op.Cit. Trad. It. pag 6 [10]
M. Bauen Op.
Cit. Appendice seconda, 4, Trad. It. pag.397
[11] M. Bauen Op. Cit. Trad. It. pag.450 - 452. [12] Marco Bauen Sprachgemischter Mundartausdruck in Rimella, Traduz. It. 1999 pag.27. [13] Michele Manio Parole….- op.cit.pag.13, a pag.20, nota 1), Manio rileva la mancanza di documenti anteriori al Sec XIV relativi a Rimella.
[14]
R.
Rizzi “Storia dei Walser” cit.pag.63
[15] Augusto Vasina “Alle origini della Comunità rimellese 1994, pag.28 ss.e” forse il quadro sintetico più completo e documentato della colonizzazione Walser di Rímella dal primo insediamento alla fine del '30, corredato da un'ampia fondamentale bibliografia aggiornata al 1992. [16] Augusto Vasina ibid. pag.32. [17] Michele Manio ep.cit. pag.4 [18] Marco Bauen op.cit. pag.22, 23, 24 [19] Augusto Vasina “Note di e storia sociale rimellese fra Quattrocento e Cinquecento, Remmalju 1998, pag.42 [20]
Silvia
Pizzetta
“Il notaio Emiliano Calcino di Rimella”. De Valle Sicida n° 1/1995,
pag. 275 e in Remmalju 1996, pag.13
[21] Marco Bauen op. cit traduz. it. pag.397/98, n. 2,4,5,6 [22] Marco Bauen ibid. pag.398 [23]
Silvia
Pizzetta
“La Cappella-Ossario di Rimella”, Remmalju 1994. pag.5
[24]
Mario
Remogna
“Casa Rebbo a Sella”. Remmalju 1993. pag.13
[25] Silvia Pizzetta “De Valle Sicida 1/1995 Pag.275 cit. [26] Michele Manio “op. cit., Appendice, pag.20. [27] Marco Bauen op. cit. trad. it. pag.398, nn.8, 9. [28] Ferruccio Verzellino “Cenni storici sul tronco di strada per Rimella: Baraccone, Frazione Grondo”, Remmalju 1993, pag.30 [29]
P.
Filippo da Rimella
“Orazione in onore di Santa Gioconda Martire. Milano 1790 (l'opuscolo a
stampa purtroppo mutilo nell'ultima parte, è in possesso della Sig.na Piera
Rinoldi abitante a Rimella Albergo Capio)
[30] Rina Dellarole Cesa “Luoghi pii del Comune di Rimella dell’anno 1728” Remmalju 1996. pag.33. [31]
Paolo
Sibilla “ I
luoghi della Memoria - cultura e vita quotidiana nelle testimonianze del
contadino valsesiano G. B. Filippa 1778-1838”, Fondaz.Menti 1985.
[32] Ferruccio Vercellino '”Emigrazione della Comunità di Rimella nel XIX secolo, Remmalju 1991, pag12. [33] Marco Bauen “op. cit. traduz. it. pag.401, nn.32, 33. [34]
Mario
Remogna
'”Cibo e attività agro-pastorale nella vita quotidiana di Rimella,
Remmalju 1994, pag.17.
[35]
Sara
Bruno
“Testimonianze rimellesi nei documenti dell'Archivio storico della Discesi
di Novara”, Remmalju 1996, pag.30.
[36]
Franca Tonella Regis “La
Parrocchia di Rimella nella cima della valle” De Valle sicida, n. 1/1995,
pag.312.
[37] Sara Bruno Loc.cit. pag.32. [38] Sara Bruno ibid. [39] L. Rinoldi “Manoscritto cit. [40] Alberto Lovatto (a cura di) “Notizie statistiche concernenti la comunità di Rimella: 1828” Remmalju 1999, pag.8 [41] Piergiorgio Vasina “La cosa pubblica a Rimella” Remmlju 1995, Pag.32 op. cit. pagg.29 e 31 [42] Marco Bauen op. cit. pagg.29 e 31 [43] Casimiro Debiagi “S. Michele la chiesa parrocchiale di Rimella” Remmalju 1999, pag.25 [44] Rita Dellarole Cesa “La memoria e il tempo. Mastri costruttori a Rimella.” Remmalju 1997, pag.45 [45] Arturo Sacchetti “L’organo antico della Chiesa prepositurale di Rimella: una risurrezione annunciata”, Remmalju 1998 pag.5 [46] Alfredo Del Secco “Giuda alla visita del Museo Gio. Batta Filippa di Rimella” Remmalju 1993, pag.3 [47] Augusto Vasina “Il Museo Filippa di Rimella” Remmalju 1990 pag.17 [48] Augusto Vasina “ibid. pag.17/18 [49] Paolo Sibilla “I luoghi della memoria” Fondaz. Monti 1985. [50]
Ferruccio Vercellino
“Cenni sui documenti d'archivio relativi alla scuola elementare di
Rimella” Remmalju 1994 pag.37
[51] Alberto Levatto ”Notizie statistiche concernenti la Comunità di Rimella; 1828” cit. [52] Mario Remogna 'Storie di bambini di montagna” Remmalju 1995, pag.27 [53]
F.Vercellino
“Rimella, un'attesa senza fine, considerazioni su un documento del 1946”
Remmalju 1995, pag.36.
[54]
Marco
Bauen
op.cit. traduz. Ital.
pag.29
[55]
cfr.
Remmalju 1990. pag.2
[56] cfr. Remmalju 1996, pag.2 [57] Carlo Buccelloni “Rimella a Gressoney per l'ultimo Walsertreffen” Remmalju 1999, pag.22 ____________________ |